Rispondo a Gaetano Sateriale

Gaetano Sateriale (che non ha bisogno di presentazioni!) aveva rivolto tramite la sua pagina facebook e il suo blog alcune domande ai candidati PD di Ferrara al Consiglio regionale.

Io ho risposto.

Una premessa: non mi piace che si pensi che nel PD esista il pensiero unico.

Oggi il PD e’ un partito a forte vocazione maggioritaria e come tale comprende al proprio interno sensibilità tra loro diverse che si confrontano (come sul Jobs Act) e che probabilmente si alterneranno alla guida del partito. Oggi domina un pensiero che nella tradizione culturale si potrebbe catalogare come liberal-democratico, nel prossimo Congresso tale pensiero, oggi dominante, potrebbe essere invece soppiantato da un pensiero di impronta più marcatamente social-democratica: ciò non deve significare che chi e’ minoranza debba, di volta in volta, decidere di abbandonare il partito.

Detto ciò provo sinteticamente a rispondere alle sette domande, che riporto

1.Davvero credete anche voi che ci siano gli “operatori del lavoro”(imprenditori, lavoratori, precari) e che siano uguali fra loro quanto a diritti e poteri?
2.Davvero pensate che i sindacati siano un interlocutore sociale non utile a far uscire il paese dalla crisi?
3.Davvero pensate che il mestiere sindacale sia solo quello di difendere chi perde il lavoro?
4.Davvero pensate che la Cgil sia un’organizzazione autoreferenziale fondata su tessere false?
5.Davvero pensate che la sinistra (e il PD) possa crescere senza una propria fondata cultura del lavoro?
6. Non vi sembra rischioso per un partito di sinistra tagliare le proprie radici politico culturali per aumentare i consensi elettorali?
7. Se doveste (come immagino) pensare cose diverse da quelle richiamate, come ritenete di caratterizzarvi all’interno della discussione del PD regionale e nazionale?

1. Personalmente credo che il mondo del lavoro sia costituito da tutti quelli che lavorano. Affrontare il tema del lavoro significa perciò affrontare il tema dei diritti dei lavoratori dipendenti, in tutte le loro forme, le condizioni di chi lavora in modo autonomo, la situazione di chi investe le proprie risorse per far andare avanti l’impresa.

Tornando al lavoro di chi investe facendo impresa, forse il fatto di essere figlio di un commerciante rende meno oggettivo il mio giudizio, ma chi investe del proprio (tralasciando gli speculatori) va considerato come una persona che lavora a trecentosessanta gradi. Perché investe certamente per averne un guadagno e non per filantropia, ma al contempo offrendo attraverso il proprio investimento opportunità di lavoro ad altri che, per indole o per assenza di risorse e possibilità,hanno preferito mettere a disposizione di altri il proprio intelletto o il proprio lavoro manuale.

Perciò mettere gli uni contro gli altri ci fa male, malissimo.

Venendo al lavoro dipendente, che in Italia purtroppo ci siano tutele diverse per i lavoratori dipendenti in base al loro inquadramento o al loro contratto e’ un dato di fatto e che una parte di questi sia stata più attenzionata di altri, anche dal sindacato, e’ nei fatti.

La generazione a cui appartengo purtroppo rischia di non poter mai godere di quelle garanzie che accompagnano da decenni il lavoro dipendente a tempo indeterminato. Ritengo perciò che tutto ciò che va nella direzione di accrescere il numero delle garanzie anche per chi quelle garanzie a normativa attuale rischierebbe di non vederle mai, va nella direzione giusta.

Questo mi fa sorgere una domanda: tu ritieni che il sindacato abbia tenuto in giusta considerazione questo aspetto duale del mercato del lavoro in Italia?

2. Premetto che ho fatto il sindaco per cinque anni e in quel mandato ogni anno, anche in più occasioni all’anno, mi sono sempre confrontato con il sindacato e con le categorie nel compiere scelte o nel progettare idee di sviluppo. Confronto che nella maggior parte dei casi e’ stato utile e proficuo. Con altrettanta onestà devo ammettere che in alcuni casi e’ stato indispensabile procedere anche in assenza di un sostegno delle parti sociali.

Ricordo un’occasione nella quale da sindaco creai tutte le condizioni per mettere in piedi un servizio di trasporto fatto da volontari per trasportare anziani e disabili in ospedali e ambulatori, in sostituzione di un sistema pubblico inefficiente. Il principale oppositore, il primo anno ( poi andò molto meglio) di tale operazione fu il sindacato,accusandomi di tagliare il servizio pubblico. Risultato: lo feci lo stesso, era il 2004, oggi quel servizio non solo e’ ancora in piedi, ma e’ stato accresciuto e reso ancor più esteso.

Un esempio di poco conto forse, ma che identifica come in alcuni casi posizioni ideologiche avrebbero potuto ostacolare un servizio che nella sostanza era pubblico e non solo nella forma, sulla quale il sindacato invece in quel caso si era fossilizzato.

Credo che la premessa e l’esempio possano sintetizzare il mio pensiero in materia di confronto tra istituzioni e parti sociali.

3. Penso che il sindacato dovrebbe dare il proprio contributo affinché aumentino le occasioni di lavoro. Che però in determinate circostanze (non sempre) sia apparso arroccato nella difesa dell’esistente e’ innegabile. Anche in questo caso recupero la mia esperienza amministrativa per denotare due atteggiamenti tra loro antitetici, tenuti dal sindacato.

Da una parte ho conosciuto un sindacato che, dopo estenuanti confronti e trattative,ha accettato di firmare un protocollo d’intesa locale per consentire nuovi investimenti nell’area industriale del mio comune, accettando una calmierazione salariale utile ad accrescere quegli investimenti e quindi ad accrescere le opportunità di lavoro. Effetto: area industriale con nuovi investimenti e incremento dell’occupazione (all’epoca ha funzionato, la cito come esempio, ma non la considero una soluzione attuabile nelle stesse condizioni oggi, ma questo e’ un altro discorso).

Ho poi conosciuto un sindacato che, di fronte all’opportunità di erogare fondi aggiuntivi per la produttività, mi accuso’ di essere “berlusconiano” quando proposi una ripartizione in base al merito, chiedendo in alternativa una ripartizione a pioggia.

Giro perciò la domanda a te: qual è il sindacato più illuminato e che svolge il proprio ruolo? Il primo o il secondo?

4. Sulla quarta domanda, chi ha detto quelle parole ha sbagliato e ha fatto uno scivolone macroscopico. Quindi le ritengo accuse infondate, inutili e fuori luogo. Ps: anche la maglia della Camusso con il profumo Arrogance, e’ più da goliarda che da segretaria generale del più grande sindacato italiano 🙂

5. Su questa domanda buona parte delle mie considerazioni sono ricomprese nella prima risposta. Una cultura del lavoro e’ indispensabile, una sua evoluzione o modifica in funzione di un’economia fortemente mutata, e’ altrettanto indispensabile.

Alle ultime due domande rispondo con una considerazione più ampia:

In questa fase e’ evidente che il consenso del PD e l’azione di governo continuano a rimanere ad un livello visto raramente in Italia. Perché questo? L’idea che Renzi sia l’unico che va avanti a prescindere con l’obiettivo di far funzionare le cose in modo diverso e’ ancora diffusa, che tale idea abbracci un elettorato fortemente trasversale lo è altrettanto, del resto se abbracciasse solo consensi tradizionalmente a sinistra, sapendo com’è fatta l’Italia, quel consenso sarebbe certamente inferiore.

Detto questo, il rischio che mi spaventa, rispetto alle dinamiche di partito, che per quanto mi riguarda sono anche dinamiche sociali, e’ che il PD oggi accresca il proprio elettorato di opinione e veda assottigliarsi in modo importante il proprio elettorato di militanza. Questo scenario ovviamente significa che dopo Renzi rischiamo di non avere più nulla ed essere spogli,politicamente e socialmente.

Nessuno, neanche la minoranza, oggi sta riflettendo adeguatamente su questo e sul futuro della forma partito. Per tale motivo credo che il congresso regionale del PD dell’Emilia-Romagna sia utile a fare quella discussione che a livello centrale non si fa, e cioè quale può essere la forma di partito 2.0 o 3.0 in grado di essere autorevole in questa società. Personalmente in quel congresso spenderò buona parte del mio impegno su questo, cercando di spiegare a chi ha nostalgia che e’ il momento di abbandonarla, e a chi pensa di ritenere inutile la presenza di un partito, magari perché non sa neanche cos’è, che nessuno di noi, senza un partito alle spalle,potrebbe essere ciò che è (politicamente intendo) e che la funzione sociale di un partito e’ insostituibile.

Ovviamente su questo ed altro sono disponibilissimo ad un confronto anche pubblico con te, che potrebbe essere utile, non tanto a noi, quanto alle nostre organizzazioni e soprattutto a chi avrà voglia di ascoltare.

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