Autonomia rafforzata. La mia lettera a La Nuova Ferrara

Caro Direttore,

approfitto dell’intervento del prof. Somma sul tema della richiesta di autonomia rafforzata fatta dalla nostra Regione per esprimere alcune considerazioni in merito.

Il primo punto che sento il dovere di smentire è quello legato alla presunzione che l’Emilia-Romagna abbia chiesto maggiore autonomia venendo meno al principio solidaristico con le altre regioni italiane e volendo segnare una differenza e una distanza tra regioni ricche e regioni povere.

Perché se è pur vero che il PIL emiliano-romagnolo è quello che cresce di più e dà la spinta a tutto il Paese, è altrettanto vero che la coesione e l’equità sociale ed economica si realizzano consentendo a chi è più virtuoso di agire con maggiore flessibilità.

Amo il calcio e sono fermamente convinto che chi ha talento ed è messo nelle condizioni di esprimerlo al meglio porta un vantaggio a tutta la squadra.

L’autonomia rafforzata è una facoltà che ha un senso chiedere per le Regioni virtuose senza che questo intacchi l’unità nazionale.

Per questo una Regione che ha completato importanti riforme in questi tre anni chiede maggiore autonomia: per poter rafforzare l’azione riformatrice e mettere in campo azioni oggi non consentite senza un intervento diretto dello Stato. Faccio alcuni esempi: accorpare le aziende sanitarie e universitarie, rimodulare i ticket tenendo conto dell’ISEE, oppure agire più efficacemente sulle politiche attive del lavoro oggi indispensabili per chi deve rientrare in un mercato profondamente cambiato.

L’Emilia-Romagna ha scelto la via più diretta, tracciata dalla Costituzione e sancita dall’articolo 116.

I referendum indetti da Lombardia e Veneto, in una formulazione volutamente vaga, contenevano in sé il rischio di una deriva plebiscitaria che si è infatti sostanziata nell’utilizzo di quel voto – legittimo e da rispettare – per chiedere da parte del Veneto di creare una nuova Regione a Statuto speciale.

In quel caso sì che la questione sarebbe solo economica e si andrebbe al contempo a intaccare l’unità nazionale, perché verrebbe meno quel principio di perequazione che rende tale uno Stato articolato come il nostro. A ciò aggiungo che gli elementi che storicamente hanno reso “speciali” alcune regioni, forse oggi sono venuti meno e sarebbe forse ora di andare oltre, ma sono certo che una futura riforma costituzionale ne saprà tener conto.

Fortunatamente la Lombardia, pure a guida leghista, non ha ceduto alle forzature venete e ha deciso di accodarsi alla via emiliano-romagnola all’autonomia rafforzata, cosa che ha ulteriormente confermato la bontà della nostra scelta di metodo.

Un metodo che ha contemplato un confronto ampio e articolato con tutte le forze sociali e politiche della regione, seguendo la prassi inaugurata dal Patto per il Lavoro, coinvolgendo una cinquantina di soggetti tra sindacati e imprese, associazioni, Camere di commercio, atenei, Ufficio scolastico regionale, Province, Città metropolitana di Bologna e Comuni capoluogo.

Un confronto trasparente a seguito del quale tutti sono a conoscenza delle richieste messe nero su bianco dalla Regione e sulle quali ora si aprirà la trattativa con il Governo.

 

Paolo Calvano

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