26 gennaio 2015 – Il mio intervento all’Assemblea Legislativa

26 gennaio 2015 – Discussione sulla “Illustrazione del Presidente della Regione del Programma di Governo e composizione della Giunta (art. 28, comma 2 e art. 44, comma 2 dello Statuto)”.

ass legGrazie, Presidente.

Signor Presidente, lei oggi ha messo nero su bianco gli impegni che saremo chiamati ad onorare nei prossimi cinque anni. Li ha dettagliati, ne ha sancito gli obiettivi e ne ha dettato i tempi. Questa è una grande novità. Mi dispiace che nel dibattito ciò non sia emerso perché nel documento che lei ha fatto avere a questa Assemblea ci sono delle scadenze sulle cose da fare, ci sono impegni precisi ed importanti tappe da raggiungere: cento giorni, un anno, cinque anni. E’ tutt’altro che qualcosa di non palpabile, è assolutamente, invece, qualcosa di concreto, visibile, verificabile.

Del resto questi anni ci hanno insegnato che la politica e le istituzioni sono credibili nella misura in cui riescono ad essere efficaci e in grado di rispettare gli impegni presi di fronte agli elettori. Questa è la sfida che spetta alla sua Giunta, una Giunta composta per la prima volta da cinque uomini e da cinque donne, in un numero inferiore anche alla tornata precedente. Certo, questo rispecchia una legge, però non significa che il lavoro non si sia ridotto rispetto al passato, anzi, rischia di aumentare e quindi a loro faccio il mio in bocca al lupo per l’avventura appena cominciata, sapendo che da parte del Partito Democratico hanno tutta la fiducia che può servire per poter lavorare al meglio.

Ancor prima, abbiamo la necessità di ridare un carattere di sobrietà alla politica, dobbiamo fare della sobrietà una regola aurea, la condizione minima dalla quale ripartire per riscrivere il patto tra elettori ed eletti, tra cittadini e amministratori. A quello stile lei ci ha chiesto di aderire, è stato uno dei suoi punti centrali nella campagna elettorale, lo è stato per il Partito Democratico. Noi l’abbiamo fatto, ha detto bene il consigliere Taruffi, proponendo un progetto di legge molto chiaro, che abbiamo depositato, pronto a recepire l’indirizzo della sobrietà; si tratta di un disegno di legge che ci consente di passare subito dalle parole ai fatti perché questo è quello che ci chiedono i cittadini: tradurre le parole in atti concreti. Il progeto propone la riduzione delle indennità dei consiglieri, l’eliminazione del fondo di funzionamento dei gruppi e dell’indennità di fine mandato, lasciando nelle disponibilità dei cittadini della nostra regione 7 milioni di euro che, a nostro avviso, non devono cadere nel calderone del bilancio, ma devono trovare un loro reimpiego in politiche per il lavoro e per il contrasto alle nuove povertà. Su questa legge siamo disponibili al dialogo con tutte le altre forze per ottimizzare i costi della democrazia. Allora se Alleva come altri pongono il tema dei gruppi più piccoli, va affrontato il tema dei costi del personale come altre questioni per garantire a tutti di poter essere operativi; c’è grande apertura a questo tipo di dialogo, non al “più uno” perché il “più uno” non serve a nessuno.

Siamo noi i primi a metterci in gioco in questo modo, perché i cittadini ci hanno chiamato a rappresentarli e noi dobbiamo farlo con disciplina ed onore, come dice anche la nostra Costituzione. Lo ha detto bene lei nel suo intervento, la sobrietà è una condizione necessaria, ma purtroppo, o per fortuna, non è la condizione sufficiente per riuscire a recuperare il rapporto di fiducia: serve ridare efficacia alla politica e serve farlo in una regione che da sempre si è contraddistinta per avere performance superiori alla media nazionale, spesso in grado di trascinare la crescita del paese, o meglio, in questi anni di crisi, di evitare che il barato fosse ancora più profondo. Ce lo dicono i dati: quando l’Italia viaggia con il segno meno, l’Emilia-Romagna torna al segno più. Non è un dato di cui potersi accontentare, ma è un segno che ci dice quanto questa regione possa essere la locomotiva per l’Italia e per l’Europa.

A riguardo, mi permetto di dire una cosa. L’applauso ad Errani è l’applauso ad oltre quindici anni di impegno perché l’Emilia-Romagna potesse essere quella cosa lì, non è il piacere ad un compagno di partito. E’ il riconoscimento di un lavoro istituzionale i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti, perché è incredibile che quando ognuno di noi esce dall’Emilia-Romagna si senta dire: “siete fortunati voi emiliano-romagnoli per quello che avete lì”, poi venga in quest’Aula e ascolti un dibattito in cui sembra di vivere all’inferno, perché non è così, non è questa la nostra regione, e questa rappresentazione va oltre il normale confronto politico.

Nei giorni scorsi ho avuto la fortuna di ricevere da un amico, da un anziano amico, un libro in cui si racconta l’Emilia-Romagna dall’inizio degli anni Settanta, il periodo in cui c’era Guido Fanti che ne ha cominciato la storia istituzionale. In quel libro si dice questo: “la tradizione democratica, la gestione per decenni degli enti locali da parte di forze popolari, lo sviluppo di una fitta rete di organizzazioni economiche, i costumi civilissimi, una fervida ed antica elaborazione culturale hanno creato le premesse per consentire la realizzazione di un organismo regionale concepito come centro propulsore di nuove conquiste economiche e sociali, e non come semplice apparato amministrativo”. Ecco, questa è la sfida che noi oggi abbiamo davanti e lei, Presidente, ci ha presentato una regione che vuole essere un centro propulsore, non un mero organismo amministrativo. Non sarà certamente facile perché la mannaia dei tagli ai finanziamenti è lì sul tavolo nella trattativa tra Stato e Regioni.

So che c’è grande movimento da parte della Giunta per far capire al Governo cosa si può tagliare e dove si può tagliare e dove ci si può confrontare. Ma non è una novità, penso che non sia una novità per molti degli amministratori che sono seduti qua dentro, quella di accettare la sfida di un Governo centrale che dice: dovete fare dei sacrifici. Delle volte mi sono interrogato perché sono arrivato a fare il sindaco nel 2004 e ci hanno detto che dovevamo tagliare gli investimenti e la spesa corrente, divento consigliere provinciale e sapete com’è finita sulle province. A volte mi sono interrogato anche su questo, però, diciamo così, siamo una generazione abituata e pronta a fare questo e fa bene Bonaccini ad accettare la sfida che lancia il Governo Renzi, anche perché quando si invita Bonaccini a ribellarsi anche da parte dei consiglieri della Lega, mi viene da dire: ma dove eravate quando dovevamo fare il miglior federalismo del mondo e ci siamo trovati con Governi che accentravano completamente tutto, Governi dove c’era la Lega nelle posizioni di primo attore e nelle politiche di quei Governi?

Io credo che siamo pronti ad accettare quella sfida perché questa regione ha un elemento centrale che è la qualità delle relazioni che l’hanno contraddistinta ed è dalla qualità di quelle relazioni che scaturisce la possibilità di riscrivere rapidamente, come da lei annunciato, un nuovo patto per il lavoro in Emilia-Romagna. Un patto per fare squadra tra Regione, Governo, Comuni, parti sociali e imprenditoriali e terzo settore con l’obiettivo di tornare alla piena e qualificata occupazione, perché la creazione di nuovo e qualificato lavoro è la priorità che prima di ogni altra come Partito Democratico condividiamo e che insieme alla sua Giunta faremo di tutto per realizzare. Ce lo chiedono i giovani che dopo essersi formati sono bramosi di entrare nel mercato del lavoro; ce lo chiedono quelle maestranze che a causa della crisi hanno visto chiudere i battenti di aziende che sembravano immortali e che ora devono essere riqualificate per poter rientrare nel mercato del lavoro; ce lo chiedono le donne di questa regione, dove il tasso di attività femminile è sicuramente più alto che altrove, ma non è ancora sufficiente perciò dobbiamo avere la capacità di dare delle risposte per creare condizioni sia lavorative che di servizi che consentano davvero le pari opportunità tra donne e uomini, dobbiamo pensare alle une e agli altri.

E’ certo che la creazione di lavoro non sta solo e tanto nelle regole. Le regole sono fondamentali e fa bene il Governo Renzi ad affrontare questo tema per creare un ambiente incentivante per le nuove assunzioni, ma la creazione di lavoro sta soprattutto nella capacità di stimolare nuova imprenditorialità e attrarre nuove imprese. Potremmo essere in una fase d’oro dal punto di vista finanziario perché cala il valore dell’euro, migliorano le esportazioni e al contempo non aumenta il costo dell’energia, con il calo del prezzo del petrolio; potrebbe crearsi una congiuntura favorevole rispetto alla quale dobbiamo essere tutti pronti ad intercettare la ripresa. La centralità che lei ha posto in questo senso sulla pubblica amministrazione, che, a partire dalla Regione, dia risposte certe in tempi rapidi, è una condizione essenziale affinché chi vuole investire nella nostra regione si senta nelle condizioni di farlo. Ne abbiamo avuta dimostrazione in investimenti importanti che lei stesso richiamava, che vanno da Philip Morris a Louis Vuitton, perché hanno trovato un ambiente amministrativo e politico pronto ad accoglierli, che era pronto a fare in modo che quegli investimenti potessero partire con tempi certi e avessero risposte e servizi certi, a partire dalla formazione del personale. Con quelle eccellenze dialoghiamo tutti i giorni, e sono eccellenze anche perché hanno un dialogo costante con le istituzioni locali che presidiano la nostra regione, dai Comuni alla Regione stessa.

La sfida, quindi, è quella di una pubblica amministrazione che sia alleata dei cittadini e delle imprese e che non venga percepita come una loro controparte. Da Sindaco ricordo un imprenditore che ha dovuto chiedere autorizzazioni speciali perché c’era un canale che passava vicino alla sua impresa, però il canale nella realtà non c’era più da anni, era rimasto solo sulle mappe, e a causa di ciò dovette chiedere un’autorizzazione in più, solo perché era ancora disegnato. Queste sono cose che non possiamo accettare e tollerare e sulle quali è giusto lavorare raccogliendo la sfida della regulation review che siamo pronti ad affrontare e a vincere. Semplificare le norme, sburocratizzare, senza rinunciare però a quelle regole che garantiscono onestà, trasparenza, correttezza e legalità.

Lo ha detto bene lei, presidente, legalità è una parola che ha da sempre caratterizzato la nostra regione tanto da pensare che fossimo una terra impermeabile a pratiche ed intromissioni malavitose irregolari. Così non è. Va tenuta alta la guardia senza considerarsi immuni da eventi di questo genere. E’ un tema già affrontato nella passata legislatura con efficacia ed azioni concrete che oggi devono essere ulteriormente implementate. Le terre confiscate alla mafia sono un’occasione per creare lavoro lanciando un messaggio fortissimo a tutto il paese e l’Emilia-Romagna può incentivare tali pratiche, non le può determinare, ma le può certamente incentivare.

Un patto per il lavoro, quindi, che deve avere questi ingredienti e deve trovare nel Governo un importante interlocutore e nell’Europa la fonte di nuove risorse, indispensabili per far tornare a crescere la regione e il paese accrescendo il grado di coesione economica, sociale e territoriale. Lei ci ha disegnato un quadro che ci consente di guardare al futuro con il giusto grado di ambizione, perché l’ambizione, quella che ha nell’interesse generale il suo unico obiettivo, è una spinta indispensabile per incentivare ognuno di noi a fare meglio ogni giorno. Ripartiamo, quindi, dall’Europa, sfruttiamo al massimo i vantaggi che l’Europa può offrire ad una Regione come l’Emilia-Romagna, del resto siamo stati sempre bravi nel fare questo. La scelta di individuare un assessorato che si occupi del coordinamento delle politiche europee dice chiaramente qual è l’obiettivo della Regione Emilia-Romagna e della sua legislatura.

Sul PSR bisogna raccontarla com’è. C’è un confronto tra l’Europa e tutte le Regioni per fare in modo che i PSR abbiano più o meno tutti la stessa impronta e quindi vengano fatte osservazioni all’Emilia-Romagna, al Veneto e a tutte le altre Regioni; è questo che sta succedendo, non la rinuncia ai finanziamenti del 2014, che non perderemo perché al massimo vengono spalmati sul 2015. Questo è il punto, allora smettiamola di fare un po’ le vittime da un lato e dall’altro raccontare cose che non sono vere.

L’Europa ci può fornire risorse straordinarie con cui dobbiamo fare cose straordinarie. Credo che ognuno di noi, anche nel rapporto con il proprio territorio, deve resistere alla tentazione di pensare che si usino cose straordinarie per fare l’ordinario perché a quel punto rischiamo di perdere una grande occasione. Lei ci ha detto invece che le cose straordinarie si possono fare con quei fondi e noi le dobbiamo fare. E’ per questo che l’ambizione ha un senso solo se accompagnata alla lungimiranza intesa un po’ alla Max Weber come modo per rimanere alla giusta distanza dalle cose ed essere completamente al servizio della causa, ma anche alla lungimiranza intesa come capacità di guardare oltre le necessità del giorno stesso o, al massimo, del giorno dopo.

Avere in testa un’idea, un disegno è quello che lei oggi ci ha illustrato, una regione che sappia ripartire da se stessa, ma che sappia essere al contempo da traino per tutte le altre; una regione che non sia più la somma di tanti centri su cui ripartire proporzionalmente le risorse, ma che sia un’unica grande città di 4 milioni di abitanti, una smart city regionale, come l’ha definita nel suo programma, che abbia il suo centro nella città metropolitana di Bologna e che crei le condizioni affinché l’ottimizzazione dei servizi non ne neghi l’universalità e l’accessibilità per tutti, cittadini, imprese, comunità, da Piacenza a Rimini; un sistema metropolitano regionale – è questo che c’è nel disegno di quel faldone che oggi lei ci ha dato – intermodale che parta anche dalle grandi infrastrutture che dobbiamo finalmente realizzare. E allora non possiamo rallentare la Cispadana, dobbiamo creare le condizioni perché vada via veloce, perché vadano via veloci le altre grandi infrastrutture che lei ha disegnato e che oggi ha proposto a questa Assemblea.

Dobbiamo riuscire a mettere in campo una grande città che sappia crescere in modo omogeneo tra centro e periferia, nella quale le peculiarità della montagna, le specificità della costa e del delta del Po possano rappresentare una nuova opportunità e non un vincolo. Per fare questo occorre avere la capacità di ripensare se stessi, per questo l’idea di essere i protagonisti del nostro cambiamento senza attendere imposizioni dall’alto o dall’esterno non è solo una scelta condivisibile, ma soprattutto una sfida appassionante su cui prendere per mano le nostre comunità. Per questo il processo di riordino istituzionale che lei ha proposto agli emiliano-romagnoli è proprio dal confronto con quelle comunità che deve trovare la sua esplicitazione, dentro un processo di riassetto istituzionale che da noi ha raggiunto grandi risultati, soprattutto se guardiamo ai processi aggregativi tra i comuni. Le unioni ormai sono una realtà, le fusioni una realtà ed una prospettiva che può trovare ancora più concretezza in questa legislatura premiando quelle più ambiziose e spronando fusioni che non puntino solo al rispetto di un dettato normativo, ma che siano realmente, anche sotto il profilo dimensionale, un valore aggiunto per le comunità che ne sono coinvolte.

Si tratta di ridisegnare l’assetto delle istituzioni, di stabilirne il nuovo quadro delle funzioni per renderle più efficaci. Dobbiamo dare una risposta alla situazione delle province. I primi atti che la Giunta ha già messo in campo ne sono un significativo segnale. Non mancheranno sfide appassionanti perché istituzioni efficaci e politiche per creare nuovo lavoro non sono che la base essenziale affinché la comunità sia coesa e solidale.

Il lavoro come diritto, come elemento che dà dignità agli uomini e alle donne e, insieme ad esso, i servizi e l’universalità nel godimento di quei servizi, soprattutto quando si parla di salute e scuola. E allora gli standard sono la parte pubblica vera che ci deve interessare, quella che deve dire: un servizio deve essere così perché se così non è non o non può essere, va cambiato. Anche su questo, quando proveremo a confrontarci sul futuro della sanità, sarà sulla qualità del servizio che dovremo concentrarci piuttosto che sulla vicinanza del punto di soccorso, perché è la qualità che fa la differenza, è la qualità che salva la salute, non i muri, è la qualità del servizio che offriamo che salva la salute dei cittadini.

Come del resto non possiamo non sapere che è dalla scuola che vuole ripartire questa terra, dai bambini che la frequentano, perché sono anche l’espressione di integrazione che la storia di questa terra ci ha raccontato, sono i bambini, che non si distinguono per il colore della pelle tra di loro. E allora ripartiamo da lì se vogliamo fare integrazione, come ripartiamo dalla formazione se vogliamo rendere competitivo il nostro territorio. Questa è la sfida che abbiamo e che lei oggi ci ha illustrato e che noi siamo orgogliosi di poter interpretare da quest’Aula.

Dobbiamo dare sicurezza alla tenuta sociale della comunità, da un lato, e mettere in sicurezza il territorio, dall’altro. La nostra terra ha tremato, gli emiliano-romagnoli hanno conosciuto il dramma delle alluvioni, abbiamo affrontato condizioni metereologiche mai immaginate, eppure abbiamo saputo reagire. Lezioni importanti che ci dicono quanto sia enorme la capacità di reazione del nostro popolo, ma al contempo quanto sia importante anche l’azione pubblica per completare la ricostruzione, che qui più che altrove è stata immediatamente messa in atto con certezza di finanziamento. È incredibile la memoria corta che qualcuno ha o fa finta di avere! Ricordate quando il Governo Monti è venuto a dirci che c’era solo 1 miliardo per l’Emilia-Romagna e l’Emilia-Romagna è andata a dirgli che di 1 miliardo non ce ne facevamo niente e che volevamo di più, perché c’era un popolo che era pronto a ripartire, e così quel miliardo è diventato 6 miliardi e oggi sono 10 miliardi, pronti per la ricostruzione. Dove c’è una situazione così? In Irpinia? A L’Aquila? I sindaci sanno bene quanto il lavoro fatto dal commissario Errani e dalla Regione Emilia-Romagna sia stato importante per questo territorio, lo sanno dappertutto, sindaci di destra, di sinistra o di qualunque altro colore politico. Per questo la centralità che lei, presidente, ha riservato comunque alle politiche anche di prevenzione del rischio idraulico e del rischio idrogeologico non possono che trovarci d’accordo. Serve in tal senso, quindi, una cultura ambientalista rinnovata, che faccia del saldo zero nel consumo del suolo una nuova frontiera mettendo al centro le politiche urbane con i processi di rigenerazione per rilanciare anche l’edilizia. Ambiente significa un nuovo paradigma intorno a cui reimpostare l’economia regionale, ambiente non come vincolo ma come opportunità di lavoro, un nuovo paradigma attorno al quale costruire le nuove politiche dei rifiuti. Arriviamo a dieci anni prima nel suo programma per quanto riguarda la raccolta differenziata e anche per la frontiera del riciclo e del riuso. Un indirizzo quindi pubblico forte che deve guidare anche le aziende che devono sapere che le politiche le decide il pubblico, ancor prima delle aziende anche se sono aziende pubbliche. Anche le aziende pubbliche quindi su questo devono sapere che i cittadini vengono prima di tutto. La parola innovazione permea il suo programma, attraversa ogni campo, dall’agricoltura al terziario passando per il rinascimento della manifattura. Siamo sempre stati dei precursori nell’innovazione di processo e di prodotto in tutti i settori, vogliamo e possiamo continuare a essere. La triplicazione delle risorse per la cultura e un turismo che arriva al 10 per cento del PIL sono grandi sfide, anche queste da raccogliere per portare il brand dell’Emilia-Romagna in giro per il mondo, a partire dall’Expo. È un programma ambizioso ma con i piedi ben piantati per terra, che siamo pronti ad affrontare insieme. La dico così: proviamo a usare l’ottimismo della volontà per una volta e non il pessimismo della ragione perché anche usando la ragione possiamo vedere segni sui quali essere ottimisti. Costruiamolo insieme memori di quei valori che partono anche dalla lotta al nazifascismo, che domani ricorderemo, di cui questa regione è ricca e forte. Grazie.

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